sabato 23 giugno 2007

un venerdì non così solitario

sono solo le quattro, ma fa proprio troppo caldo per studiare, mi sento eroica ad aver finito il capitolo, l'esame è vicino e non ne ricordo di così difficili, ma non sono in grado di leggere un'altra sola riga e così quando lei scherzosa dice "non ti andrebbe una birra fresca adesso?" quasi mi commuovo e la convinco che non ci sono alternative. lei la conosco da pochi giorni, mi ci trovo bene, non mi delude nè in leggerezza nè in serietà, chiacchieriamo in modo semplice. dividiamo una bottiglia e parliamo ancora. e penso che parleremo ancora.

lei è sempre bellissima, e sempre in ritardo, il concerto è cominciato da più di un'ora. non l'ho mai vista così ubriaca, ma è lo stesso bellissima. mi volto mentre dice "sono proprio contenta che sei venuto" mi guarda e ride "vabbè a te non te lo dico, ci stiamo vedendo tutti i giorni.." però anche a me mi vuoi bene vero? e diventa seria, stringe la mia mano "sì. non te lo immagini quanto, proprio non te lo immagini". e io non me lo immagino, ma lo sento che è vero, nelle sue mani.

si son fatte quasi le tre, in macchina davanti al cimitero disegnamo scenari apocalittici. quindi tu ancora ci credi nell'umanità? lui dice che ho detto bene, nell'umanità non negli uomini. e in questa nuova vita umana, piccola e incerta, sconvolgente, vogliamo crederci? dividiamo i dubbi, seriamente preoccupati, seriamente fiduciosi. aspettiamo.

così, giusto per fare tre nomi.. (senza fare nomi)
così, giusto per convincermi che se volessi la troverei una spalla su cui piangere.
così, giusto per ricordarmi che ci so anche stare con le persone. non con tutte, ma magari dipende anche da loro. secondo me dovrei stare sempre a mio agio, anche con gente che in realtà non mi piace, ma che ragione c'è? non conta molto molto di più la qualità?
così, giusto per dire.

giovedì 21 giugno 2007

io della vita non ci ho capito un cazzo

la gente normale, categoria che magari non esiste ma che comunque se esiste non mi conta al suo interno, usa l'altra gente. e non lo dico in senso negativo, forse è quello che chiamiamo socialità, un bisogno ancestrale, ci si appoggia, con grande naturalezza, gli uni agli altri, e se funziona non è un peso nè per gli uni nè per gli altri. da soli pare non si riesca a stare. una croce di case che si chiamano piano e non sanno che è paura di restare soli nel buio, diceva una poesia di quasimodo (forse non esattamente, cito a memoria, non sono del tutto attendibile, forse neanche c'entra molto). insomma la bestia uomo, soprattutto se è in difficoltà, cerca un suo simile. la cosa ha un senso.
io invece no. appoggio vietato. mai niente da dire, le cose belle non sono mai belle abbastanza, sono il minimo dovuto, le cose brutte non ci dovrebbero essere, tenerle coperte è l'unica possibilità. è estremamente faticoso, ma non so fare in altro modo. e così in giorni come questi mi nascondo, dietro una battuta, una birra, una scusa banale. magari si capisce anche che un tarlo, o più tarli mi consumano, ma svicolo e mi si lascia svicolare. tu invece che mi racconti? o anche silenzio, se il magone non sta tutto sotto la maschera meglio restare da soli. io sto bene da sola. e ti aspetti che ci sia ancora qualcuno che creda a questa cazzata? per abitudine ripeto, per abitudine ci credo. e allora non rispondo al telefono, tanto meno chiamo, chiedo, pretendo ascolto, aiuto, distrazione. e perdo un sacco di cose. ho perso un sacco di cose in questo modo, e ora è tardi. perchè a nessuno importa di me, perchè a me non importa di me.

domenica 17 giugno 2007

l'ho già detto che sono subdola?

sono brava a mandar giù. incarto con cura le delusioni e le ripongo in cantina. difficile sospettare che ci siano, le scordo anch'io. mi deludo ogni giorno, tutti i giorni mi deludono, ma li piego e li metto via per sorridere al nuovo sole che sorge come se fosse il primo. ma anche quel che è nascosto pesa e le energie si assottigliano. non si può consumare energia senza ricrearne, poi finisce. mi serve un po' di grande immensa totale felicità sennò finirò le riserve, finiranno i miei sorrisi amari ma ostinati. e neanche ci credo nella felicità.
quindi come stai? bene grazie.
sono bravissima a star bene lo stesso. so nutrirmi di nulla, devo, non ho nulla di cui nutrirmi. di quello che ho non so nutrirmi, quello che ho non mi va mai bene, è pane ammuffito. ma ho fame, e nausea. circolo vizioso.
quindi?
QUINDI?
sempre a fare domande eh? non la perdiamo questa brutta abitudine eh?

venerdì 15 giugno 2007

interno notte, esterno?

sul blog più bello che c'è si creò un serio dibattito sul loveboyday (sul finire dei commenti a questo post) in cui ho detto, fin troppo, la mia. ripensandoci, perchè io son malata e ripenso a tutto, riflettevo sul fatto che sul mio blog non ne parlo quasi mai di quello che succede nel mondo. sto sempre là a guardare il mio ombelico. ho un bellissimo ombelico questo va detto, ma tutto il resto? non è che non lo guardi o non mi interessi.. è una scelta? sì abbastanza. però alla fine se uno ha uno spazio pubblico in cui liberamente sproloquia avrebbe anche senso usarlo per far sapere le proprie inutili opinioni a tutta la rete (ovvero a quei quattro disperati che mi vengono a leggere ed eventualmente a qualche scamarcina che giunta qui per sbaglio decida poi, pur delusa, di trattenersi un po'). a che serve avere un blog se non a togliersi la soddisfazione di comunicare, di gridare al mondo "barbara palombelli mi fa schifo"? no? sì certo anche cose più serie al limite. però sono questi squallidi personaggi che popolano l'universo "culturale" italiano che danno bene l'idea del livello del dibattito pubblico. una quasi first lady che compunta sparge banalità sulla qualsiasi, sulla pedofilia appunto, su cogne e sul bon ton con uguale serietà. mi viene da vomitare. metaforicamente, ma anche non metaforicamente. devo essermi data troppi cazzotti sullo stomaco, perchè continui a picchiarmi emme? lo vedi che poi stiamo male tutt'e due, o tre, quattro..quelle che siamo. non potresti startene un po' tranquilla? ecco, ricomincio a parlare di me, con me anzi, ancora più preoccupante. la soddisfazione di scagliarsi contro il prossimo è solo passeggera, la speranza di vedere dei cambiamenti poca. e allora che si fa? direi che ci si rimbocca le maniche e si lavora, si va a spalare merda anche se è troppa e non ce la si farà. lo direi, davvero lo direi. ma non oggi, oggi sono di pessimo pessimo umore. oggi mi devo distrarre.

mercoledì 13 giugno 2007

emme come "ma che palle"

sbuffo. sospiro.
quindi? allora? quando cambierò?
non dovrei aver già trovato un equilibrio? sono anziana per le crisi adolescenziali. anziana per dondolare, un passo indietro. dove correte?
mi guardo intorno e provo invidia, e disgusto. mi fate schifo e vorrei essere come voi. invece sono una bolla d'aria. non capisco come è successo, dov'ero? che ho fatto? e ora? neanche una risposta.
ti odio mia subdola mente, mi sfuggi, ti infiltri come acqua nel terreno, sei ovunque, sparisci ma non mi lasci, sfuggi alla vita ma non la lasci. non scappi ma ti volti di spalle, che senso ha? ora scopri la schiena, aspetti un colpo, o un bacio. aspetti. voltata.
ma che palle!

lunedì 11 giugno 2007

una tregua, nulla più.

insomma sto persino studiando.
ma studio lentamente perchè nel libro che studio trovo cose che mi fanno fermare.
leggo e resto ferita, e devo riprendere fiato.
leggo e mi assale il male che c'è stato e c'è nel mondo, che giace impensabile, dimenticato o martoriato dai falsi riti della memoria.
uomini che uccidono uomini, ferite inguaribili. che vorrei saper curare.
di fronte a un dolore tanto grande, un dolore che non passa e non può passare, svaniscono le mie meschine dolenzìe, sfilano i miei privilegi e mi sembrano davvero troppi.
mi viene da chiedere perdono.
non ho altre colpe che il non sentirmi felice, ma mi pare una colpa atroce.
il tempo e lo spazio in cui sono caduta e che detesto, sono un lusso che non ha eguali.
e ancora sono qui a pensare a me quando dovrei solo tacere e ascoltare.
leggo ancora
E non ha cessato di visitarmi, ad intervalli ora fitti, ora radi, un sogno pieno di spavento.
E' un sogno entro un altro sogno, vario nei particolari, unico nella sostanza. Sono a tavola con la famiglia, o con amici, o al lavoro, o in una campagna verde: in un ambiente insomma placido e disteso, apparentemente privo di tensione e di pena, eppure provo un'angoscia sottile e profonda, la sensazione definita di una minaccia che incombe. E infatti, al procedere del sogno, a poco a poco o brutalmente, ogni volta in modo diverso, tutto cade e si disfa intorno a me, lo scenario, le pareti, le persone, e l'angoscia si fa più intensa e più precisa. Tutto è ora volto in caos: sono solo al centro di un nulla grigio e torbido, ed ecco, io so che cosa questo significa, ed anche so di averlo sempre saputo: sono di nuovo in Lager, e nulla era vero all'infuori del Lager. Il resto era breve vacanza, o inganno dei sensi, sogno: la famiglia, la natura in fiore, la casa. Ora questo sogno interno, il sogno di pace, è finito, e nel sogno esterno, che prosegue gelido, odo risuonare una voce ben nota; una sola parola, non imperiosa, anzi breve e sommessa. E' il comando dell'alba in Auschwitz, una parola straniera, temuta e attesa: alzarsi, "Wstawac".
Primo Levi, La Tregua

domenica 3 giugno 2007

domenica

non è che abbia tanta voglia di scrivere.
strano giorno la domenica, ci si vorrebbe sempre fare più cose con la domenica, ma poi scivola. l'arretrato resta arretrato e l'incombente resta incombente, vince il vuoto. fa paura il vuoto. ma non mi ci trovo male in fondo, è la mia dimensione, vuoto e paura, e smania di fare e tempo che passa senza lasciarsi afferrare. forse la mia vita è un'eterna domenica. sospesa, senza impegnarsi in ciò che si deve, senza godere di ciò che si vuole. sono nervosa. tra una mezz'ora è già lunedì, sveglia, doccia, metro e non si torna a casa prima delle dieci. martedì appuntamenti variamente dislocati, e a casa non prima dell'una realisticamente. mercoledì? direi biblioteca, e cena fuori, ma senza fare tardi. giovedì invece non mi aspettate svegli. venerdì l'impegno sarà evitare il parrucchiere, riuscirò nell'impresa? e poi ancora studio ovviamente, ma chiusura in dolcezza credo. e poi sabato grande matrimonio intercontinentale, sperando di aver trovato il tempo in settimana di rimediare un paio di scarpe decenti. e che succede a questo punto? sarà di nuovo domenica. vorrò dormire le ore che non ho dormito durante la settimana, studiare le pagine che non ho studiato (mai rispettato una tabella di marcia in vita mia), fare lunghe passeggiate, vedere un paio di film, finire il libro che aspetta sul comodino.. e invece sarà sera prima che io possa accorgermene. e sarà già il dieci di giugno.
domande:
perchè la persona più pigra e solitaria che io conosca, meemmemedesima, ha una settimana così densa di impegni?
troverò il tempo di passare per i blogghi in tutto questo?
è questo il mio peggior post in assoluto?
ai posteri